Il lavoratore non è proprietario dei mezzi di produzione (macchine, attrezzi, materie prime, officina, conoscenze tecniche relative al prodotto, al ciclo e risorse finanziarie), ma si limita a vendere per denaro il proprio lavoro al padrone. Quando il padrone vende il prodotto realizzato dal lavoratore paga i dipendenti, l'acquisto di beni e servizi necessari alla produzione, l'acquisto delle materie prime o dei semi-lavorati, gli interessi sui debiti contratti, gli oneri finanziari e ne trattiene una parte per sé che si chiama profitto. Il profitto deriva, dunque, dall'appropriazione del lavoro da parte di chi mette il capitale nell’impresa (il capitalista), e dalla sua realizzazione sul mercato. Lo sfruttamento del lavoratore nel corso della storia. Lo sfruttamento del lavoro è avvenuto, nel corso della storia, attraverso rapporti di produzione molto diversi tra loro: il rapporto schiavistico, nel quale la persona del produttore (lo schiavo) era asservita al padrone e non godeva di alcuna libertà; il rapporto di produzione feudale medievale, nel quale la persona del produttore(il servo della gleba) era legata alla terra, cioè al principale mezzo di produzione, non era libera di muoversi e di scegliere per chi lavorare, e il padrone si appropriava direttamente della maggior parte dei prodotto; infine il rapporto di produzione capitalistico, nel quale la produzione, avviene mediante un «libero scambio» fra l'operaio ed il capitalista, detentore dei mezzi di produzione, che offre la retribuzione in cambio della forza lavoro. La libertà del lavoratore è una libertà formale: egli non è legato al padrone o alla terra da catene o da privilegi feudali, ma i suoi bisogni di vita, il modo di produzione e la struttura sociale lo costringono ad accettare uno scambio. Tale scambio nel momento in cui i lavoratori hanno conquistato la possibilità di stabilire norme ha dato luogo ad un contratto tra chi offre un lavoro e chi se ne appropria retribuendolo. Il contratto di lavoro è dunque lo strumento giuridico che consente all'imprenditore l'utilizzazione della forza‑lavoro dietro pagamento di una retribuzione pattuita. La contrattazione del prezzo della forza lavoro è una delle motivazioni fondamentali per cui la classe lavoratrice ha sviluppato proprie organizzazioni La causa del contratto di lavoro, pur consistendo sempre nello scambio formalmente libero tra retribuzione e forza‑lavoro, ha subito però una progressiva trasformazione in corrispondenza col progressivo mutamento dei rapporti di forza fra classe operaia e classe imprenditoriale. Nel vecchio Codice Civile italiano del 1865 il contratto di lavoro era considerato come un tipo particolare di contratto di locazione: l'imprenditore prendeva in affitto la forza‑lavoro dell'operaio come avrebbe potuto prendere in affitto una casa o una macchina. La causa del contratto, cioè la funzione economico sociale che l'ordinamento gli attribuiva, era esclusivamente quella di consentire lo sfruttamento illimitato della forza‑lavoro. Nel Codice Civile del 1942 la causa del contratto di lavoro viene distinta e separata nettamente da quella del contratto di locazione; il contratto di lavoro ha, secondo il nuovo Codice, la funzione specifica economico‑sociale di inserire il prestatore di lavoro nell'organizzazione aziendale e di costituire un rapporto gerarchico fra imprenditore e lavoratore: «è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell' imprenditore». La Costituzione Repubblicana, pur senza riformare radicalmente l'organizzazione gerarchica dell'azienda e il sistema di produzione capitalistico, ha però notevolmente arricchito di contenuto la causa del contratto di lavoro, attribuendogli la funzione preminente di liberare il lavoratore dal bisogno e di assicurargli tranquillità economica e dignità sociale (art. 35-38). Questa duplice funzione della retribuzione spiega perché essa sia dovuta non soltanto per i periodi di lavoro effettivo ma anche per i periodi di sospensione del lavoro (malattia, ferie, assembIee, ecc.) Nel Codice Civile e nella Costituzione si esprimono due modi di intendere la funzione economico‑sociale del contratto di lavoro: la tendenza originaria a considerare il contratto di lavoro essenzialmente come assoggettamento del lavoratore al potere dell'imprenditore, e l'orientamento opposto che tende a trasformare il contratto di lavoro in una garanzia di sicurezza economica per il lavoratore ed in una premessa per la sua emancipazione sociale. La causa del contratto di lavoro è oggi determinata dal rapporto dialettico fra queste due opposte tendenze; nel contratto di lavoro si scontrano l'interesse dell'imprenditore ad utilizzare la forza‑lavoro secondo le esigenze dell' impresa, estraendone il profitto, e l'interesse dei lavoratori alla sicurezza economica, al miglioramento professionale e ad una esistenza in cui possa esprimere se stesso e soddisfare i propri bisogni. A partire dalla metà del 19° secolo, i lavoratori organizzati nei sindacati, impongono agli imprenditori, per mezzo dello sciopero, la contrattazione collettiva dei salario. I Contratti Collettivi non determinano la retribuzione di ogni lavoratore, ma stabiliscono soltanto il livello al di sotto dei quale la retribuzione non può scendere. Incomincia così ad affermarsi il futuro principio della "giusta retribuzione", contenuto nell'art. 36 della Costituzione, dove si afferma il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione "sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa". All'art. 36 della Costituzione si afferma il criterio della «giusta retribuzione». Ma non esiste una «giusta retribuzione»: esiste soltanto il livello generale di tenore di vita raggiunto in un determinato tempo ed in un determinato luogo dalla classe dei lavoratori salariati.
Il diritto alla retribuzione e alla busta paga decorre dall’assunzione. L’azienda deve comunicare per iscritto al lavoratore, tutte le condizioni stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato (luogo di lavoro, inizio rapporto di lavoro, periodo di prova, durata del rapporto, inquadramento, livello, qualifica, retribuzione, orario di lavoro, ferie ecc) entro 30 giorni dall’assunzione. Questo documento deve essere sempre conservato dal lavoratore.. La busta paga è il prospetto che indica, nel dettaglio, la somma che il lavoratore percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro. L'azienda ha l'obbligo (previsto dalla legge 5 gennaio 1953, n° 4) di consegnare con la retribuzione un prospetto paga in cui devono essere chiaramente indicati tutti gli elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e la paga netta.
La busta paga esprime l'insieme dei rapporti tra lavoratore e:
La busta paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci. Al ricevimento della busta paga, occorre verificare che l’importo corrisposto, sia uguale alla retribuzione riportata sulla busta paga stessa. La busta paga va controllata in tutte le sue voci e costituisce la base per poter rivendicare differenze sull’applicazione del contratto o degli accordi aziendali e/o individuali, per intraprendere azioni legali, poter richiedere un mutuo bancario e per l’accredito dei contributi pensionistici Inps. Pertanto la busta paga va conservata.
Il lavoro in nero è un rapporto di lavoro irregolare; normalmente imposto dall’azienda è soggetto a sanzioni a carico dell’imprenditore che lo utilizza. Il lavoratore ha diritto di rivendicare la regolarizzazione del rapporto di lavoro recuperando le eventuali differenze retributive e il mancato versamento dei contributi previdenziali. Per ottenere la regolarizzazione è necessario dimostrare il numero di giorni e ore lavorate, quanto percepito per il lavoro svolto, disporre di testimonianze sulla prestazione lavorativa effettuata. Essere in grado cioè di dimostrare il più precisamente possibile di svolgere o aver svolto un lavoro irregolare. La regolarizzazione si può realizzare anche dopo il termine del lavoro in nero. Per la regolarizzazione rivolgersi alle sedi Cub.
I crediti del lavoratore per eventuali differenze sugli istituti contrattuali e di legge, debbono essere rivendicati entro cinque anni dalla maturazione del diritto. Nelle aziende con meno di 15 dipendenti, è possibile rivendicare eventuali differenze sugli istituti contrattuali e di legge cumulate durante tutto il periodo di lavoro, entro cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro; Le differenze nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), vanno rivendicate entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti si prescrivono.
Oltre ai dati anagrafici, all'inquadramento professionale e al periodo di tempo a cui si riferisce la retribuzione, la busta paga contiene:
Si compone di tre parti:
E' la retribuzione minima prevista dai contratti collettivi nazionali di categoria per le diverse qualifiche. Per conoscere quale è la propria paga base il lavoratore può fare riferimento al contratto nazionale di lavoro e alla categoria attribuitagli al momento dell'assunzione dall'azienda (o quella acquisita successivamente) o a quella spettante per le mansioni effettivamente svolte.
Rappresentano quella parte della retribuzione legata alla permanenza del lavoratore nella stessa azienda e nella stessa categoria professionale. Essi si calcolano in cifra fissa o in percentuale sulla paga base più la contingenza (ma in alcuni casi solo sulla paga base) e sono regolamentati dai contratti di categoria.
(o indennità di mancato cottimo). E' l'istituto che lega parte della retribuzione al rendimento del singolo lavoratore o di un gruppo di lavoratori.
Il prolungamento dell'orario di lavoro oltre il limite (giornaliero o settimanale) previsto dal contratto o il lavoro su turni, festivo o notturno vengono retribuiti con la maggiorazione della retribuzione prevista dai contratti nazionali.
E' la parte di salario contrattato in azienda, varia da azienda ad azienda. Può essere:
Si è consolidato negli anni del dopoguerra il diritto dei lavoratori alla mensa con costo a carico dell’azienda. La mensa è gestita direttamente dall’azienda o affidata a terzi. Negli ultimi anni dove non esiste il servizio mensa viene corrisposto un ticket. Laddove esiste il servizio mensa, in caso di mancato utilizzo per festività, malattia, infortuni, ferie ecc, al lavoratore spetta l’indennità mancata mensa con un valore definito a livello provinciale. Secondo la legge n. 359 del 1992 l'importo della mancata mensa, non fa parte della retribuzione e non incide su nessun istituto. Il valore convenzionale della mensa è utile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza.
I contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono indennità: per disagiata sede, di alta montagna o sottosuolo, di cassa, ecc.
Con l'accordo del 31 luglio 1992 tra Governo, Confindustria e cgil-cisl-uil, è stato abolito il sistema di indicizzazione dei salari (la contingenza) all’aumento dei prezzi. Infatti non si è dato luogo ad alcun incremento di contingenza dal mese di maggio 1992. Il valore in atto è quello vigente al momento dell’accordo e in alcuni contratti è stato conglobato nella paga base.
L’accordo che abolisce la scala mobile prevede l’erogazione di una somma forfettaria di 10,33 € mensili per 13 mensilità a copertura dell’intero periodo 1992/93. In alcuni contratti è conglobato in paga base
In caso di maternità, la lavoratrice ha diritto all’astensione obbligatoria per 2 mesi precedenti la data presunta del parto e a 3 mesi dopo il parto. Il diritto all’astensione obbligatoria si applica anche allle lavoratrici a domicilio e alle colf. Ferma restando la durata dell’astensione obbligatoria di 5 mesi è possibile utilizzare un solo mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto. Qualora il parto avvenga in anticipo rispetto alla data presunta, si possano aggiungere ai 3 mesi post-partum i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, nel limite massimo di 5 mesi. Trattamento economico. Le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione media globale percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile precedente a quello in cui ha avuto inizio l’astensione obbligatoria, comprensiva di tredicesima, premi ecc. Alcuni contratti prevedono l’integrazione a carico dell’azienda fino al 100% del salario. Il periodo di astensione obbligatoria è considerato utile sia per il diritto che per la misura di tutti i trattamenti pensionistici. Adempimenti della lavoratrice. Prima dell’inizio dell’astensione obbligatoria, la lavoratrice deve presentare all’azienda e all’INPS (o all’Ente presso cui è assicurata) il certificato medico di gravidanza indicante, il mese di gestazione (alla data della visita) e la data presunta del parto.
Astensione obbligatoria anticipata. La lavoratrice può chiedere alla Direzione provinciale del lavoro, l’astensione anticipata dal lavoro fin dall’inizio della gravidanza nei seguenti casi:
Riposi giornalieri. Alle lavoratrici madri, durante il 1° anno del bambino spettano 2 permessi retribuiti di riposo di 1 ora, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è di un’ora se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore. Astensione facoltativa. L’astensione facoltativa spetta ad entrambi i genitori, fino al compimento degli 8 anni del bambino, per un periodo complessivo di 10 mesi, continuativi o frazionati; ogni genitore non potrà superare i 6 mesi di fruizione (ad es. se la madre fruisce di 6 mesi, il padre ne potrà fruire di 4). Il padre ha diritto all’astensione facoltativa anche se la madre non ne ha diritto (perché è disoccupata, colf, lavoratrice a domicilio), e se il padre fruisce di tale diritto per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi, il suo limite di 6 mesi diventa di 7 mesi e il limite massimo complessivo di fruizione tra i due genitori diventa di 11 mesi (7 mesi x il padre, e 4 mesi x la madre). Adempimenti della lavoratrice o del lavoratore. Il lavoratore o la lavoratrice devono preavvisare per iscritto il proprio datore di lavoro 15 giorni prima dell’inizio dell’astensione. Termini diversi possono essere previsti dai CCNL. Misura dell’indennità. L’indennità per astensione facoltativa compete per un periodo complessivo di 6 mesi, nella misura del 30% della retribuzione (media globale giornaliera del mese precedente l’astensione obbligatoria, esclusi i ratei delle mensilità aggiuntive e degli eventuali premi) fino al compimento del 3° anno. Per i periodi di fruizione oltre ai 6 mesi e per quelli successivi al compimento del 3° anno del bambino fino al compimento dell’8°anno di età, la suddetta indennità compete soltanto se il reddito personale del richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione. Il periodo di astensione facoltativa di sei mesi retribuito al 30%, utilizzato entro il 3° anno del bambino è coperto da contribuzione figurativa valida per le prestazioni pensionistiche. Permessi per malattia del bambino. Durante le malattie del bambino entrambi i genitori fino al compimento dell’8° anno di età possono assentarsi alternativamente dal lavoro senza retribuzione. Fino al compimento del 3° anno di età del bambino non si prevedono limiti temporali di fruizione, dai 3 anni agli 8 è previsto il limite di 5 giorni all’anno per ciascun genitore. La malattia del figlio deve essere certificata da un medico specialista del SSN o con esso convenzionato. Fino al compimento del 3° anno di età del bambino i periodi di astensione dal lavoro per malattia del figlio sono coperti da contribuzione figurativa. Il ricovero ospedaliero del figlio interrompe il decorso delle ferie del genitore. Figli in adozione o affidamento. I lavoratori che adottano bambini fino a 6 anni per adozioni nazionali e superiori a 6 anni per quelle internazionali, possono fruire dell’astensione obbligatoria e dell’indennità conseguente nei 3 mesi successivi all’ingresso del bambino in famiglia. Per quanto attiene alle norme sull’astensione facoltativa, i genitori possono astenersi dal lavoro qualora all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra 6 e 12 anni, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore stesso nel nucleo familiare. Figli disabili in situazione di gravità. I genitori di bambini portatori di handicap, anche se adottivi o affidatari, in situazione di gravità riconosciuta, oltre all’astensione obbligatoria, hanno diritto:
In caso di malattia il lavoratore deve:
Durante la malattia il lavoratore deve essere reperibile presso il suo domicilio tutti i giorni della settimana dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00. Il lavoratore in malattia deve comunicare all’azienda l’eventuale cambio del domicilio abituale (ossia il luogo dove si trova mentre è in malattia). Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per un periodo determinato dalla legge, dai contratti collettivi, la cui durata dipende dall’anzianità o qualifica. Decorso tale termine, in caso di gravi malattie, il lavoratore può richiedere una aspettativa non retribuita; negli altri casi l’azienda può decidere il licenziamento con preavviso retribuito. Il periodo di conservazione del posto va inteso in modo continuativo in caso di una unica malattia; in caso di più malattie il periodo va inteso come la somma delle singole assenze per malattia su un arco di tempo fissato dal contratto nazionale di lavoro (30/36mesi) Per l’assenza dal lavoro per malattia il lavoratore ( operaio, salariato ed impiegato del terziario) ha diritto ad un'indennità giornaliera a carico dell' INPS corrisposta dall’azienda. Ad essa si aggiungeuna integrazione economica a carico dell'azienda regolamentata dal contratto nazionale di lavoro L'indennità economica a carico dell’Inps è prevista nelle seguenti misure della retribuzione media globale giornaliera: primi tre giorni nessuna indennità; dal 4° al 20° giorno, 50%; dal 21° al 180° giorno, 66,66%.. L’indennità economica agli impiegati dell’industria è corrisposta direttamente dall’azienda in base a quanto stabilito dal contratto nazionale Le malattie insorte prima dell’inizio delle ferie non danno luogo al decorso delle ferie ma al pagamento dell’indennità di malattia. La malattia insorta durante le ferie ne sospende il decorso. La malattia sospende la durata del periodo di prova e del preavviso Gli apprendisti sono esclusi dal trattamento economico dell’Inps e percepiscono le integrazioni previste dal contratto collettivo nazionale.
Tutti i lavoratori dipendenti sono obbligatoriamemte assicurati dall’azienda presso l’Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L'assicurazione ha lo scopo di garantire ai lavoratori dipendenti la necessaria tutela fisica, sanitaria ed economica, in caso di infortunio sul lavoro e di malattia professionale. Il lavoratore deve dare immediata notizia di qualsiasi infortunio che gli accada, anche se di lieve entità, all’azienda (dirigente o preposto). L’azienda deve accompagnare l’infortunato presso l’ambulatorio Inail o un posto di pronto soccorso e registrare l’infortunio sul libro infortuni. L’azienda è tenuta per legge a corrispondere al lavoratore assente per infortunio una integrazione all’indennità Inail fino a raggiungere il 100% della retribuzione netta che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato. Durante l’infortunio non c'è l'obbligo di reperibilità al domicilio.
L'orario normale di lavoro e' fissato in 40 ore settimanali. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire una durata minore. L’azione rivendicativa sviluppata nella contrattazione nazionale e aziendale ha conquistato riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario. La riduzione dell’orario di lavoro può avvenire: a livello collettivo mediante riduzione dell'orario giornaliero o settimanale, con chiusure collettive in occasione di ponti, con permessi individuali. I contratti collettivi nazionali di lavoro stabiliscono l’entità delle riduzioni dell’orario di lavoro, la durata massima settimanale dell'orario di lavoro.La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica.
La legge 5 marzo 1977, n°54 ha abolito 4 festività e disposto lo spostamento delle festività del 2 giugno e 4 novembre nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. In seguito al ripristino della festività del 2 giugno resta spostata alla domenica solo il 4 novembre. In sostituzione delle quattro festività abolite i lavoratori fruiscono di 4 gruppi di 8 ore di permessi collettivi individuali retribuiti, alla ex festività del 4 Novembre si applica il trattamento previsto per le festività cadenti in domenica.
Il decreto legislativo n.° 66 del 2003 dispone che il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane ed introduce per la prima volta in Italia, in modo espresso, il divieto di monetizzare il periodo di ferie, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno. Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, di durata inferiore all'anno, è quindi sempre ammissibile la monetizzazione delle ferie. Se non diversamente disposto dal contratto di categoria, si possono distinguere modalità di utilizzo delle ferie:
Viene erogata normalmente nel mese di dicembre ed è ragguagliata ad una mensilità oppure a 173 ore. La retribuzione utile per il pagamento della tredicesima è stabilita dai contratti collettivi.
Prevista da alcuni contratti collettivi (es. commercio) o dalla contrattazione aziendale.
Il lavoratore ha diritto, per ciascun anno di servizio ad un accantonamento pari alla retribuzione annua lorda diviso 13,5. Il tfr spetta per ogni frazione di mese compreso il periodo di prova. Dall’importo del tfr viene detratto lo 0,5% calcolato sulla retribuzione imponibile lorda per finanziare il fondo istituito presso l’inps per la garanzia del tfr in caso di fallimento dell’azienda. A fine di ogni anno l’azienda rivaluta gli accantonamenti degli anni precedenti con una percentuale fissa dell’1,5% più il 75% dell’inflazione rilevata dall’Istat. Il lavoratore ha diritto di chiedere un'anticipazione non superiore al 70% del TFR maturato a condizione che: abbia un'anzianità di servizio di almeno 8 anni; le richieste rientrino entro i limiti annui del 10% degli aventi diritto e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti; sia giustificata dalla necessità di onerose spese sanitarie o per l'acquisto della prima casa di abitazione; l'anticipazione può essere chiesta soltanto una volta sola nel corso dello stesso rapporto di lavoro Il tfr deve essere corrisposto alla cessazione del rapporto di lavoro.
In caso di mancato rinnovo del contratto nazionale, dopo 3 mesi dalla data di scadenza, ai lavoratori verrà corrisposto un aumento retributivo pari al 30% del tasso di inflazione programmato. Detto importo dopo 6 mesi di vacanza contrattuale.passa al 50% del tasso di inflazione programmata Comunque l'indennità di vacanza cessa di essere erogata dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo del contratto
È una prestazione a sostegno delle famiglie con redditi inferiori a determinati limiti, stabiliti ogni anno dalla legge. Spetta a tutti i lavoratori dipendenti, ai disoccupati che percepiscono l’indennità di disoccupazione, ai lavoratori in mobilità, ai cassintegrati, ai soci di cooperative, ai pensionati. Dal 1° gennaio 1998 spetta anche ai lavoratori parasubordinati, a coloro cioè che sono iscritti alla gestione separata (legge 335/1995). Sono esclusi i lavoratori autonomi dell’agricoltura e i pensionati ex lavoratori autonomi, ai quali invece spetta il vecchio “assegno familiare. Spetta al nucleo familiare composto da:
Possono far parte del nucleo familiare anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti collaterali del richiedente (figli di fratelli e sorelle, minori di età o maggiorenni inabili, a condizione che non abbiano diritto alla pensione ai superstiti e che siano orfani di entrambi i genitori). Per avere diritto all’assegno il nucleo familiare deve avere un reddito composto per almeno il 70%, da lavoro dipendente o da prestazione derivante da lavoro dipendente (pensione, indennità di disoccupazione, indennità di maternità, indennità di malattia ecc). La domanda di assegno per il nucleo familiare deve essere presentata:
La domanda può anche essere presentate tramite i Patronati che, per legge, offrono assistenza gratuita, oppure inviata per posta. Alla domanda deve essere allegata autocertificazione in sostituzione dello stato di famiglia. Il diritto agli arretrati si prescrive trascorsi 5 anni dalla maturazione del diritto.