XV LEGISLATURA N. 1507 DISEGNO DI LEGGE
Presentato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale (DAMIANO) e dal Ministro della salute (TURCO) di concerto col Ministro dello sviluppo economico (BERSANI) col Ministro per le politiche europee (BONINO) col Ministro della giustizia (MASTELLA) e col Ministro della solidarieta` sociale (FERRERO)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 APRILE 2007
Delega al Governo per l’emanazione di un testo unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro
Atti parlamentari –2– Senato della Repubblica – N. 1507
XV LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI -DOCUMENTI
Nella mattinata del 26 aprile 2007, la Commissione Lavoro e previdenza sociale del Lavoro ha invitato la CUB per un’audizione sul disegno di legge n° 1507, recante delega al Governo per l’emanazione di un testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Al presidente della Commissione, Tiziano Treu, la delegazione della CUB ha consegnato un primo contributo consistente in alcuni emendamenti al testo proposto ed un documento specifico riguardante il tema dei servizi ispettivi del Ministero del Lavoro. Li proponiamo alla discussione di tutti i lavoratori, in modo che i Decreti Legislativi attuativi (che dovranno essere approntati entro 12 mesi dall’approvazione della Legge Delega) ci vedano preparati bene e nei tempi utili.
La sicurezza sul lavoro diventa sempre più un tema centrale e drammatico, pertanto è doveroso che il governo adotti provvedimenti idonei a ridurre gli incidenti sul lavoro spesso mortali e invalidanti ed a contrastare efficacemente l’evasione contributiva ed il lavoro nero, anche se nutriamo dei dubbi dal momento che questo Governo, come ha dimostrato durante la ricomposizione della crisi non ha ritenuto di inserire tra i punti programmatici alcun riferimento al lavoro. Il disegno di legge “ delega al Governo per l’emanazione di un testo unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro “che sarà presentato alle camere, oggetto della audizione di oggi 26 aprile presso la commissione lavoro del Senato, a parere di questa Confederazione Sindacale rappresenta uno strumento parziale che non permette certamente una immediata e drastica riduzione degli infortuni e dell’evasione contributiva considerato che, purtroppo, si continuano a registrare incidenti mortali, ormai con una media di quattro al giorno. Il disegno di legge contiene, nel suo impianto, dei punti che potrebbero essere condivisibili: se venissero contestualmente apportate modifiche sostanziali anche alla normativa relativa alle politiche del lavoro; se contestualmente venisse assunto un congruo numero di ispettori che assicuri una vigilanza costante e continua, su iniziativa, su tutto il territorio nazionale, tale da garantire il rispetto delle norme di sicurezza e dei diritti derivanti dal rapporto di lavoro; se venisse prevista una normativa rigida in materia di appalti volta all’eliminazione del sistema delle scatole cinesi che identifichi responsabilità del reale datore di lavoro; se venissero messi realmente al centro il lavoro, la dignità del lavoratori ed il salario; se venisse reintrodotto un sistema sanzionatorio serio e certo che faccia da deterrente verso quelle aziende irregolari che sono la maggior parte; se venisse creata una figura unica di ispettore del lavoro in grado di intervenire contestualmente sia nel campo della sicurezza che sulla verifica del rapporto di lavoro; se venisse trattato il personale ispettivo dal punto di vista normativo ed economico alla stessa stregua in considerazione del lavoro che svolge indipendentemente dall’Amministrazione a cui appartiene; se venisse finalmente attuato un accordo nazionale sull’orario di lavoro degli ispettori considerato che c’è necessità di vigilare anche luoghi di lavoro che normalmente operano in orario serale e notturno; ecc. Mantenendo, viceversa, tutta la normativa attualmente esistente e di seguito menzionata diventa inutile: la realizzazione di un coordinamento sul territorio nazionale;la costituzione di un sistema informativo nazionale; la razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali; ecc. La CUB ritiene che il disegno di legge sulla sicurezza, da solo, non riduce assolutamente, come suddetto, in tempi brevi gli infortuni, considerati anche i tempi tecnici dovuti se non altro all’iter parlamentare, bisogna intervenire anche con strumenti già esistenti o immediatamente reperibili in modo adeguato e determinato. Questo stillicidio di vite umane si verifica su tutto il territorio nazionale senza alcuna distinzione tra regioni più o meno ricche, situazione ulteriormente peggiorata dopo l’avvento delle nuove norme che hanno liberalizzato ulteriormente il mercato del lavoro in ossequio agli interessi delle imprese. Il rapporto di lavoro che era normalmente a tempo indeterminato e con richiesta numerica tranne qualche eccezione a tempo determinato, regolarmente prevista dalla legge 230/62, frutto di lotte e mobilitazioni del movimento operaio nell’immediato dopo guerra, è stato nel corso degli ultimi dieci anni quasi totalmente soppiantato da tipologie di lavoro imposte dai mercati finanziari transnazionali che hanno ulteriormente peggiorato le condizioni di vita di milioni di lavoratori. Tutto ciò ha introdotto più precarietà e più insicurezza sui luoghi di lavoro agevolando il ricorso sempre più costante a forme di lavoro precario, part-time, tempo determinato e lavoro interinale ed a forme di esternalizzazioni, cessioni e trasferimenti di rami di aziende, con tutto quello che ne consegue per i lavoratori che passano da un’azienda all’altra e da un appalto all’altro. L’Italia è tra i paesi della UE ad avere il numero più elevato di contratti atipici cresciuti nell’ultimo quinquennio del 40%, dietro ai quali si cela il lavoro nero, con esclusivo vantaggio per le aziende e a discapito della collettività. Il lavoro nero e gli infortuni mortali ed invalidanti aumentano di pari passo alle forme di lavoro precario. Alla deregolamentazione del mercato del lavoro si è puntualmente accompagnata la modifica dei servizi ispettivi con il D. Lgs. 124/04 in attuazione dell’art.8 della stessa legge 30 che ha introdotto più flessibilità e precarietà. L’attività ispettiva è ridotta ad attività di consulenza e gli ispettori del lavoro, pochi in rapporto alle aziende presenti sul territorio nazionale spesso sono trasformati in impiegati con funzioni conciliative e di consulenza. Nel corso degli ultimi anni sono state introdotte una serie di norme che hanno ridotto drasticamente le penalizzazioni, unico reale deterrente per le aziende irregolari che sono la stragrande maggioranza. Avviene spesso che gli ispettori vengano utilizzati, in modo parossistico, per “fare numeri” da esibire, quindi a “macchia di leopardo”, senza una effettiva continuità dell’azione di vigilanza e quindi senza una loro costante diffusione sul territorio in modo da contrastare efficacemente, attraverso la prevenzione e la repressione, l’illegalità da parte delle aziende - questa sì molto diffusa – e le tragiche conseguenze dell’imbarbarimento delle condizioni di lavoro. Alla fine, ad essere colpiti nei blitz della vigilanza straordinaria su iniziativa, continuano ad essere soprattutto gli immigrati clandestini, cioè l’anello in assoluto più debole della catena, occupati in edilizia, nel turismo, nei servizi e in agricoltura che si confermano tra i settori più piagati dal lavoro nero e dove è più massiccia la loro presenza. Sono completamente invisibili rispetto a qualsiasi elementare diritto, prima di tutto a quello di lavorare per sopravvivere, ma accade con frequenza che diventino visibilissimi a polizia e carabinieri a seguito dell’accesso ispettivo. Senza una legge alternativa alla “Bossi-Fini” l’effetto dei provvedimenti penali adottati nei vari blitz continuerà ad abbattersi sui clandestini assai più che sui datori di lavoro e sui caporali, in molti casi rei di riduzione e mantenimento in stato di schiavitù e contro i quali raramente (o quasi mai!) si applica il codice penale che, per tale reato, ha efficacia istantanea. Tra la regolarità del rapporto di lavoro e le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro vi è un legame inscindibile, oggi riconosciuto da tutti. L’Inail sulla base di valutazioni Istat sul lavoro irregolare stima in oltre duecentomila gli incidenti che si verificano ogni anno nell’ambito del sommerso sul territorio nazionale, ma è difficilissimo fare una valutazione reale del fenomeno perché spesso gli infortuni non vengono denunciati e gli immigrati clandestini, se si fanno male, non si rivolgono neanche agli ospedali per paura dell’espulsione. Sempre secondo il rapporto dell’Inail tra il 2001 e il 2006 vi è un decremento degli infortuni mortali che sono passati da 1.546 a 1.250. Si tratta di un calo modesto e cronache e statistiche, purtroppo, confermano che in Italia si muore, ci si infortuna e ci si ammala sul lavoro a ritmi incomparabili con il resto d’Europa. E già nel primo trimestre del 2007 si registra un fortissimo aumento di morti bianche e di infortuni e il secondo trimestre è iniziato tragicamente. Nonostante questo lieve calo, però, nel Lazio, per esempio, si registra un aumento delle morti bianche dell’8%. Il settore dei servizi, come è noto molto diffuso a Roma e Provincia, ha registrato negli ultimi cinque anni un aumento degli infortuni a livello nazionale che sono stati 441.146 nel 2001 e 465.500 nel 2006. Quindi il settore dei servizi, non a caso caratterizzato da una percentuale altissima di contratti atipici ivi inclusi i finti contratti a progetto, insieme ad altri settori ad alto rischio di irregolarità (es. edilizia), dovrebbe essere tenuto costantemente sotto controllo. Si rende poi assolutamente necessario un lavoro di sinergia costante e continuativo all’interno del Servizio Ispezione Lavoro tra vigilanza amministrativa e vigilanza tecnica, almeno nei settori a maggiore rischio di irregolarità e infortuni, con relativa formazione degli ispettori nelle due branche della vigilanza: ciò è propedeutico anche per la programmazione ed il coordinamento, tra i vari Servizi Ispettivi, di una sistematica attività di vigilanza sugli appalti pubblici e privati, a cominciare dalle grandi opere, ma non solo, che ricolleghi organicamente la vigilanza sugli appalti, quella sulla regolarità del rapporto di lavoro e quella sulla sicurezza, in un’azione univoca in grado di incidere realmente sulle condizioni di lavoro e sulla salvaguardia dell’integrità fisica dei lavoratori. Le Finanziarie degli ultimi anni hanno dato, sulla carta, un peso rilevante al rafforzamento del Servizio Ispettivo. Però la Finanziaria del 2006, nonostante gli stanziamenti, quel Servizio lo ha decapitato togliendo agli ispettori la diaria (appena 0,82 centesimi l’ora!) e il rimborso della benzina (pari a un quinto del prezzo al litro!) per andare in giro a fare le ispezioni oltre i confini dei capoluoghi di Provincia. Il comma 544 della Legge 296 /2006 (Finanziaria 2007) lettera a) prevede nuove assunzioni “fino a trecento idonei”, dell’ultimo concorso per ispettori amministrativi. Ma il comma 544 non prevede l’assunzione anche degli idonei al concorso per ispettori tecnici, nonostante il numero degli ispettori tecnici sull’intero territorio nazionale sia, a dir poco, irrisorio. Eppure il compito specifico attribuito è quello di contrastare oltre al lavoro sommerso, il fenomeno delle morti bianche e la prevenzione degli incidenti sul lavoro; a tal fine, nel comma 555 è autorizzata una spesa complessiva di 13, 5 milioni di euro. Se andiamo a leggere la Tabella 4 (stanziamenti assegnati ai Centri di Responsabilità Amministrativa) allegata alla legge 296/2006, vediamo che per la Direzione Generale della Comunicazione è previsto uno stanziamento di € 18. 682. 941,00. Le due cifre stridono fortemente, ci auguriamo almeno che oltre ai numeri verde e alla pubblicità indirizzata a devolvere il TFR nei fondi privati, si realizzi anche una campagna di informazione seria volta alla prevenzione degli infortuni e alla lotta al lavoro nero. Ci permettiamo di nutrire qualche dubbio a proposito. Inoltre, riteniamo che tra il numero degli ispettori in servizio presso le Direzioni Provinciali del lavoro ed il numero delle aziende presenti sul territorio ci debba essere un rapporto tale da permettere una visita ispettiva entro tempi ragionevoli per poter garantire la tutela dei diritti dei lavoratori e le normali condizioni di sicurezza. Purtroppo,non è così, presso la D.P.L. di Roma, per esempio, il personale con qualifica ispettiva consta, sulla carta, di 201 unità a fronte di 546.726 aziende, secondo la tabella fornita dall’Amministrazione alle OO.SS. in data 14.7.2004. Tale personale ispettivo è così distribuito:
D1 direttivo | 1 |
C3 ispett. Coord. | 13 |
C2 ispettore | 132 |
C1 collab.isp. | 2 |
C1 accertatori | 50 |
B3 addetti alla vigilanza | 3 |
Di questi già da molti anni 11 unità svolgono unicamente mansioni amministrative che nulla hanno a che vedere con l’attività di vigilanza, 7 unità svolgono attività mista ma principalmente amministrativa e 10 unità, sempre con qualifica ispettiva, sono addetti all’Ufficio Legale e del Contenzioso. Nel corso degli anni, inoltre, un buon numero di ispettori è stato distaccato in altre Sedi del Ministero: almeno 30 unità dal 2000 al 2007, senza contare i trasferimenti di alcuni presso altre amministrazioni e gli ispettori (tanti!) che dopo aver ottenuto il passaggio a C2 hanno rinunciato alla qualifica ispettiva esercitando il cosiddetto “diritto d’opzione”. Di recente 63 nuove unità ispettive, con la qualifica di accertatore del lavoro, sono transitate dalle Sedi Centrali del Ministero presso Direzione Provinciale del Lavoro per firmare il contratto con l’inquadramento al livello superiore (posizione economica: C1), ma di questi ben 41 sono ritornati a rafforzare la macchina amministrativa centrale del Ministero e solo 22 sono rimasti a svolgere le funzioni di vigilanza.La recente direttiva del Ministro Damiano ha “legittimato” il “richiamo” di una parte di questo personale effettuato dalle varie Direzioni Generali, personale che certamente sarebbe stato più utile, una volta acquisita la necessaria formazione, a contrastare il lavoro nero sul territorio provinciale, (questo esempio, dal quale si evince chiaramente l’esiguità numerica del corpo ispettivo rispetto al numero delle aziende presenti sul proprio territorio di competenza, rispecchia la situazione generale – carenza cronica che riguarda anche le ASL – la dice lunga sulla reale volontà di combattere il lavoro nero e gli infortuni sui luoghi di lavoro). Inoltre, cosa ancora più grave, gli ex addetti alla vigilanza (circa 400 unità), ora accertatori, hanno acquisito un profilo superiore e una maggiore retribuzione ma, paradossalmente, di fatto sono stati dequalificati e relegati ad un ruolo vicino a quello di “passa carte” degli ispettori non potendo più emettere atti di rilevanza esterna. La maggior parte di loro ha maturato un’esperienza anche ventennale sul campo, sostituendosi anche agli ispettori in quelle D.P.L. che ne sono prive.Per esempio presso la DPL di Firenze un ottimo ex addetto alla vigilanza con esperienza quasi ventennale e molto apprezzato anche dai colleghi dell’INPS ed INAIL da circa sei mesi viene relegato quasi costantemente in ufficio. Questi lavoratori dopo essere stati utilizzati per decenni dall’Amministrazione come veri e propri ispettori, indipendentemente dal titolo di studio posseduto, ma sottopagati rispetto questi ultimi, ora si vedono costretti ad affidare l’esercizio della funzione ispettiva alla discrezionalità dei dirigenti. Questa situazione insostenibile danneggia l’attività e disperde la professionalità e l’operato di 400 ex addetti alla vigilanza. Pertanto, alla luce di quanto su esposto la CUB invita codesta spett.le Commissione a tenere conto delle valutazioni e proposte da noi fornite e riteniamo necessario se si vuole realmente contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro, delle morti e dell’evasione contributiva, abrogare la legge 30 e la riforma dei servizi ispettivi, abrogare la legge 196/97 e la legge Bossi-Fini, reintrodurre il rapporto di lavoro a tempo indeterminato quale normale tipologia di contratto.